Nuova tassa di successione: chi rischia di pagare molto di più sul patrimonio

Hai una casa di famiglia, qualche risparmio investito, magari una piccola azienda affamiliare. Sono le cose che i tuoi genitori o i tuoi nonni hanno costruito negli anni, con sacrificio. E oggi ti dicono che la nuova tassa di successione potrebbe mangiarsene una fetta importante. I figli dovranno vendere casa per pagare le imposte? Pagheremo tutti molto di più? Queste domande rimbalzano tra coloro che hanno un qualche patrimonio, anche modesto. La verità è che le regole stanno davvero cambiando, ma non tutti saranno colpiti allo stesso modo, e soprattutto, non è tutto perduto. Con la riforma in vigore dal 1° gennaio 2025, il regime successorio italiano introduce novità rilevanti su come viene calcolata e versata l’imposta: gli eredi passano dall’attesa passiva della liquidazione dell’Agenzia a una vera responsabilità attiva nel calcolo e nel pagamento, mentre nuove categorie di patrimonio entrano nel mirino fiscale. Scoprire chi rischia davvero di più richiede di capire cosa esattamente cambia, quali patrimoni sono più esposti, e quali strumenti legali rimangono a disposizione per proteggersi.

Come funziona oggi la tassa di successione (e perché se ne parla di nuovo)

La tassa di successione in Italia colpisce il trasferimento di beni e diritti da una persona deceduta ai suoi eredi. È uno strumento molto discusso perché, a differenza di altri Paesi europei, in Italia il gettito rimane basso: pochi contribuenti la pagano effettivamente, perché la maggior parte non supera le franchigie (le soglie di esenzione) che proteggono i patrimoni più piccoli.

Oggi, il sistema funziona con aliquote differenziate a seconda del grado di parentela. I coniugi e i parenti in linea retta (figli, genitori, nonni) godono di una franchigia di 1 milione di euro e pagano il 4% su quanto eccede questa soglia. I fratelli e le sorelle hanno una franchigia di 100mila euro e pagano il 6%. Gli altri parenti fino al quarto grado e gli affini vedono il 6% senza franchigia. Infine, i soggetti senza legami di parentela (amici, conviventi) pagano il 8%, sempre senza protezione.

Perché molti italiani non la notano? Semplice: con queste franchigie generose, solo chi eredita patrimoni rilevanti finisce per versare denaro all’erario. Una casa modesta, qualche risparmio e una piccola assicurazione sulla vita per la maggior parte degli eredi restano sotto la soglia. Da qui nasce il dibattito continuo: il gettito è troppo basso rispetto a quello di Francia, Germania, Svezia e altri Paesi che hanno aliquote ben più alte o franchigie più strette. Inoltre, pressioni politiche e discorsi sulla “giustizia fiscale” tra generazioni alimentano periodicamente proposte di riforma.

Il motivo del dibattito che sentiamo oggi non risiede solo nelle aliquote, ma nel cambio di procedure di versamento, nell’estensione dell’imposta a nuove categorie di patrimonio (come i trust e i vincoli di destinazione), e nella sensazione che il fisco stia stringendo la morsa su forme di ricchezza precedentemente meno controllate.

Cosa cambia con la nuova tassa di successione

A partire dal 1° gennaio 2025, il Decreto legislativo 139/2024 ha introdotto una trasformazione significativa nel modo in cui l’imposta di successione viene calcolata e versata. Questa non è tanto una riforma delle aliquote quanto una rivoluzione nei meccanismi di responsabilità e tempistica.

La grande novità: dall’Agenzia agli eredi

Fino al 31 dicembre 2024, era l’Agenzia delle Entrate a liquidare l’imposta “d’ufficio”. Gli eredi presentavano la dichiarazione di successione, attendevano la notifica dell’avviso di liquidazione, e poi avevano 60 giorni per pagare. Relativamente passivo.

Dal 1° gennaio 2025, il sistema cambia radicalmente: gli eredi sono tenuti a calcolare e versare l’imposta da soli, senza attendere l’Agenzia. Questa è la autoliquidazione dell’imposta di successione. Non è una scelta, è un obbligo. E il termine di pagamento si allunga a 90 giorni dalla presentazione della dichiarazione. Sembra un vantaggio, ma richiede una competenza fiscale che non tutti possiedono. L’Agenzia effettuerà solo una successiva verifica sulla regolarità del calcolo, correggendo eventuali errori.

Le aliquote e le franchigie restano (per ora) invariate

Bene news: le percentuali di imposta non cambiano. Il 4%, il 6%, l’8% rimangono uguali. Le franchigie di 1 milione e 100mila euro restano. La struttura di protezione per coniugi e figli permane. Tuttavia, non cadere nel tranello: anche senza aumento ufficiale delle aliquote, il comportamento dell’Agenzia e la rivalutazione dei valori immobiliari potrebbero di fatto aumentare l’onere complessivo.

Nuove categorie di patrimonio sotto la lente

Una novità concreta: l’imposta si estende ai trasferimenti derivanti da trust e altri vincoli di destinazione. Se un genitore ha costituito un trust a favore dei figli, oppure ha vincolato beni in modo che passassero ai beneficiari al decesso, quell’evento è ora tassabile. Era un’area grigia prima; ora è esplicitamente soggetta a imposta al momento del trasferimento dei beni ai beneficiari del trust.

Allo stesso modo, viene estesa l’autoliquidazione dell’imposta di registro, e vengono modificate le discipline riguardanti le rendite vitalizie e l’usufrutto: ambiti dove prima il trattamento era spesso sfuggente.

I tempi e le possibilità di rateizzazione

Il versamento entro 90 giorni rappresenta un’estensione di tempo, ma anche una responsabilità anticipata. Nel caso in cui l’importo dovuto sia consistente, è possibile pagare almeno il 20% della somma entro i 90 giorni, e dilazionare il resto in 8 rate trimestrali (o fino a 12 se l’importo supera i 20mila euro). Però non è consentito rateizzare importi inferiori a mille euro: chi ne deve pagare 500 versa subito.

Chi rischia di pagare molto di più: i profili più esposti

Adesso che il meccanismo è chiaro, la domanda cruciale: a chi si applicherà questa stretta con effetto più duro?

I patrimoni medi nelle grandi città

Una famiglia che possiede un appartamento a Milano, Roma, Firenze o altre aree di pregio è oggi in territorio “a rischio”. Se la casa è stata acquistata anni fa a 300mila euro, oggi vale 800mila. Aggiungici 200mila di risparmi, qualche fondo pensione, una polizza vita, e sei oltre il milione. Con i precedenti tempi di liquidazione, magari l’Agenzia applicava sconti o ritardi nel calcolo del valore. Con l’autoliquidazione e il controllo più rigoroso, il valore di mercato reale dell’immobile sarà più difficile da contenere. Risultato: l’imposta è più salata.

Gli eredi di imprenditori e titolari di quote

Se il padre era socio di un’azienda o titolare di partecipazioni, il patrimonio “netto” successorio spesso include il valore di quella quota. A meno che non sia protetta da strutture di pianificazione (come patti di famiglia o trust), la quota valorizzata si traduce in un’importante base imponibile. I fratelli che ereditano a parità, ma uno continua l’azienda e gli altri no, possono trovarsi con un carico fiscale inaspettatamente pesante.

Chi ha investimenti finanziari dispersi

Titoli, fondi comuni, conti titoli in banche diverse: è facile perdere di vista il valore complessivo. Al momento della successione, tutto viene sommare. Se intestati in modo inefficiente (ad esempio, non indicando beneficiari designati nelle polizze), vengono assoggettati al regime successorio ordinario e incrementano la base imponibile di cui si calcola il 4%, il 6%, l’8%.

Gli eredi non in linea retta

Un fratello che eredita da un fratello è già oggi colpito dall’aliquota del 6%, senza franchigia (o con solo 100mila euro se sibling). Un nipote o un cugino, ancora peggio: il 6% senza protezione. Un amico o convivente: il pesante 8%. Se il patrimonio è significativo, questi profili soffrono maggiormente.

L’effetto combinato: il valore vero dell’aumento

Non è l’aliquota a salire formalmente, ma la somma di tre fattori che riduce la protezione effettiva:

  1. L’Agenzia userà valori di mercato più realistici, non il (spesso sottodimensionato) valore catastale.
  2. L’autoliquidazione richiede trasparenza totale: non ci sono margini di negoziazione con il fisco sul calcolo.
  3. Le nuove categorie (trust, vincoli) chiudono scappatoie che prima esistevano.

Miti e paure sulla tassa di successione che ti fanno sbagliare

Prima di iniziare una battaglia fiscale (o una pianificazione affrettata), occorre sgombrare il campo da false credenze che portano a decisioni pessime.

Mito 1: la nuova tassa colpirà tutti allo stesso modo

Non è vero. Un piccolo patrimonio (casa di 400mila euro più risparmi di 100mila) rimane sotto le franchigie. Un patrimonio enorme (tre immobili, azienda, capitali) incappa inevitabilmente nella tassazione. Ancora una volta: è il livello di ricchezza e il grado di parentela che determina l’impatto reale, non una legge uguale per tutti.

Mito 2: conviene sempre donare i beni ai figli adesso per evitare la tassa

Attenzione. Le donazioni oggi riducono l’eredità domani, è vero. Ma donare affrettatamente espone a rischi concreti:

  • Se il figlio divorzia, il bene entra nella comunione matrimoniale.
  • Se il figlio va in fallimento, i creditori lo possono pignorare.
  • Se c’è conflitto familiare, è difficile “tornare indietro”.
  • Se il donante cambia idea, non può riprendersi il bene (salvo azioni legali complesse).

Una donazione consapevole, con clausole di tutela (come quella temporale o sotto specifiche condizioni), è diversa da una donazione di panico. La prima protegge; la seconda crea problemi.

Mito 3: le polizze vita e le assicurazioni non saranno toccate

Falso. Le polizze vita tradizionalmente passavano al beneficiario designato “al di fuori” della successione. Oggi, il nuovo sistema di monitoraggio potrebbe considerarle parte dell’asse ereditario, almeno in certi contesti. Se non c’è beneficiario designato, il premio è eredità ordinaria e tassabile al 4%, 6% o 8%. È un’area ancora in evoluzione regolamentare, ma non è “intoccabile”.

Mito 4: se non ho un’azienda, non devo preoccuparmi

Sbagliato, soprattutto nelle grandi città. Una casa in centro a Roma vale più di un’azienda media provinciale. Anche un patrimonio “ordinario” (una casa, risparmi, fondo pensione) in un’area di pregio supera il milione complessivo. Non serve essere imprenditori per finire nel mirino dell’imposta di successione.

Come prepararsi: strategie legali per non farsi travolgere

L’obiettivo non è “evadere” (illegale), ma pianificare (legale). Pochi passi concreti trasformano una tassa temuta in un problema gestibile.

Fare una fotografia realistica del proprio patrimonio

Non è possibile pianificare senza sapere cosa si ha. Prendi un foglio, oppure una semplice tabella, e annota:

  • Immobili: nomi, ubicazioni, valore stimato (chiedilo a un agente immobiliare o calcola dai prezzi di mercato recenti). Nota il regime patrimoniale (comunione, separazione) se sei coniugato.
  • Conti correnti e risparmio: saldo attuale di ogni conto. Non occorre precisione al centesimo, ma l’ordine di grandezza.
  • Investimenti: titoli, fondi, ETF, crypto. Somma i valori di mercato.
  • Azienda o partecipazioni: se ne possiedi, fai stimare il valore da un commercialista o revisore.
  • Polizze vita, rendite, piani pensionistici: premi, beneficiari designati, valori di riscatto.

Questa fotografia ti dirà subito se rientri “sopra” o “sotto” le soglie di rischio. Se sopra, la pianificazione diventa urgente. Se sotto, il rischio è minore, ma non zero.

Strumenti di pianificazione da considerare

Una volta tracciata la situazione, alcuni strumenti meritano approfondimento con professionisti:

Il testamento aggiornato è il fondamentale. Non è un documento da scrivere una volta e dimenticare: se acquisiti nuovi beni, se cambiato il legame con eredi potenziali, se modificate le leggi, va rivisto. Un testamento ben redatto dal notaio chiarisce intenzioni e riduce litigi che altrimenti finirebbero per aumentare i costi di successione.

Le donazioni consapevoli non sono il male, ma vanno strutturate con cautela. Insieme a un notaio, si può pianificare di cedere (gradualmente, negli anni) beni a figli, senza creare esproprio e con clausole di protezione.

I patti di famiglia sono strumenti specifici per chi ha un’azienda o quote societarie. Consentono di concordare come e a chi passeranno, proteggendo continuità aziendale e equilibrio familiare.

Le polizze sulla vita e le designazioni di beneficiari possono essere ripensate: se una polizza è intestata a una persona ma nomini il figlio come beneficiario, il premio non passa per la successione ordinaria, agevolando il trasferimento.

Consultare i professionisti giusti

Non è saggio affidarsi al “consulente fai-da-te” quando di mezzo c’è patrimonio significativo. Un notaio è la guida naturale su testamenti, donazioni e patti di famiglia. Un consulente fiscale o commercialista valuta l’impatto delle imposte e le strategie di minimizzazione legale. Un avvocato interviene se servono strutture complesse (trust, patti, clausole particolari).

Spendersi qualche migliaio di euro oggi in pianificazione può risparmiare decine di migliaia agli eredi domani, oltre a evitare conflitti e ritardi nella successione.

I piccoli passi immediati

Non occorre completare un piano sofisticato subito. Inizia con il concreto:

  1. Scrivi un semplice elenco dei tuoi beni principali e della stima di valore.
  2. Verifica se superi (complessivamente) il milione di euro di patrimonio lordo. Se sì, il tema è rilevante; se no, meno urgente.
  3. Parla con la famiglia del tema eredità. Non è una conversazione facile, ma sapere come i tuoi cari desiderano sia distribuito il patrimonio è fondamentale.
  4. Contatta un notaio per una prima consulenza (spesso gratuita) sul tuo stato di fatto. Lui dirà se e come pianificare.
  5. Metti in ordine i titoli di proprietà, i certificati di deposito, le polizze: organizza una cartella con gli estremi di ogni bene. Gli eredi ti ringrazieranno.

Cosa portarti a casa: meno paura, più consapevolezza

Ritorniamo alla scena iniziale: la casa di famiglia, i risparmi costruiti negli anni, la paura che la nuova tassa di successione li divori. Quella paura non è irrazionale. Ma non è nemmeno inevitabile.

Adesso sai come funziona il sistema oggi e quali cambiamenti entrano in vigore dal 1° gennaio 2025. Hai riconosciuto che la nuova tassa di successione non è un aumento uniforme di aliquote, ma soprattutto un cambio di procedure (autoliquidazione) e un allargamento della base tassabile (trust, vincoli). Sai che i patrimoni medi nelle grandi città, le aziende di famiglia, gli investimenti dispersi, e gli eredi non in linea retta sono i profili più esposti a un carico fiscale rilevante.

Hai capito dove finisce il mito e dove comincia la realtà: no, non conviene sempre donare tutto adesso; sì, una polizza vita merita attenzione; no, non bastano risparmi modesti per “toccare” l’imposta; sì, è possibile pianificare legalmente per ridurre l’onere fiscale.

Infine, hai gli strumenti per agire: una fotografia del tuo patrimonio, la lista di professionisti da consultare (notaio, commercialista, avvocato se necessario), e un primo passo concreto (inventariare i beni, comunicare in famiglia, chiedere una consulenza iniziale).

L’unico vero errore è restare immobili, sperando che il problema sparisca. Una pianificazione anche semplice, fatta con consapevolezza e con le giuste persone al tuo fianco, non è un’estravaganza per i ricchi: è il modo più semplice per trasformare una tassa temuta in un problema gestibile, e per trasmettere ai tuoi eredi quello che hai costruito senza che vada disperso in controversie fiscali o familiari. Prenditi un’ora questa settimana, fai l’elenco dei tuoi beni principali, verifica con un notaio o un commercialista se rientri tra chi rischia di più: è il modo più concreto per trasformare l’ansia in azione.

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