Molti pensano che la pensione media italiana garantisca una vecchiaia tranquilla, ma basta scorrere i numeri diffusi dall’INPS per rendersi conto che la realtà è molto diversa da come la immaginiamo. Mi sono trovato anch’io a rileggere più volte quelle cifre: sembrano quasi sussurrate, come se facessimo ancora fatica a riconoscere quanto sia diventato fragile il reddito di milioni di persone.
Le cifre che raccontano una realtà diversa
Nel 2024 l’importo medio mensile delle pensioni è stato di circa 1.223 euro lordi, mentre nei primi mesi del 2025 è sceso a circa 1.215 euro. È un valore che mescola insieme tutto: vecchiaia, invalidità, assegni sociali, pensioni anticipate, superstiti. Proprio questa media complessiva tende a nascondere la disparità profonda tra categorie molto diverse.
Scavando nei dati, infatti, si scopre che:
- Le pensioni anticipate raggiungono valori sensibilmente più alti, attorno ai 2.076 euro.
- Le pensioni di invalidità difficilmente superano gli 810 euro mensili.
- Chi percepisce una pensione di anzianità si attesta mediamente su circa 1.976 euro, mentre la semplice pensione di vecchiaia resta ancorata a circa 1.021 euro.
È una panoramica che fa emergere con chiarezza come il tipo di carriera, la continuità contributiva e gli anni di lavoro effettivo influenzino pesantemente il risultato finale.
La grande frattura di genere
Una delle discrepanze più nette, e forse più dolorose, riguarda il divario tra uomini e donne. Gli uomini percepiscono in media circa 1.449 euro, mentre le donne si fermano intorno ai 1.009 euro. Parliamo di una distanza di oltre il 30%, che nasce da percorsi lavorativi più discontinui, retribuzioni spesso inferiori e carichi familiari che hanno inciso sulle possibilità contributive.
Questo non è un semplice dettaglio statistico: significa che moltissime donne vivono la pensione come un periodo ancora più vulnerabile, con margini economici si assottigliano mese dopo mese.
La maggioranza delle pensioni è molto bassa
Il dato che più mi ha colpito, però, è forse il più semplice: una pensione su due in Italia non arriva nemmeno a 750 euro mensili. Più precisamente, il 53,5% degli assegni è sotto questa soglia. E tra questi, circa 4,1 milioni di pensionati ricevono integrazioni al reddito per riuscire ad avvicinarsi a importi più sostenibili.
Questo significa che milioni di persone vivono con meno di quanto molti spendono tra affitto, bollette e spesa settimanale. È una situazione che racconta un Paese dove la vecchiaia spesso coincide con un equilibrio economico fragile, costruito con attenzione quotidiana e con rinunce continue.
Un potere d’acquisto che si sgretola
Come se gli importi non fossero già contenuti, si aggiunge il tema dell’erosione del potere d’acquisto. Dal 2009 al 2025, una pensione di circa 1.200 euro lordi ha perso mediamente 70 euro al mese in valore reale. Non è una cifra enorme in apparenza, ma su un bilancio mensile di poco più di mille euro fa una differenza sostanziale.
Il rincaro costante dei beni essenziali, insieme a una rivalutazione spesso insufficiente a compensare l’inflazione, costruisce un divario che cresce silenziosamente. E chi vive di sola pensione lo sente tutto, giorno dopo giorno.
Cosa raccontano davvero questi numeri
Mettendo insieme tutte queste informazioni, emerge un quadro netto: la pensione media italiana è molto più bassa di quanto molti immaginano. Ma soprattutto è profondamente diseguale. Differenze di genere, di percorso lavorativo, di salute e perfino di area geografica producono pensioni che vanno da poche centinaia a oltre duemila euro al mese.
Molti anziani si trovano così a gestire un reddito che non riflette gli sforzi di una vita intera. Ed è forse questa la parte più difficile da accettare: una disparità sistemica che non nasce da scelte individuali, ma da condizioni strutturali radicate nel mercato del lavoro e nel sistema previdenziale.
In fondo, i numeri servono proprio a questo: non solo a informare, ma a farci vedere con chiarezza ciò che spesso passa sotto silenzio. E osservandoli da vicino, è impossibile non rendersi conto di quanto sia urgente ripensare il futuro previdenziale del nostro Paese.




